TIto maccio Plauto copy1

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TIto maccio plauto.
Plauto è il primo autore della letteratura latina di cui ci arrivano opere intere. Egli si ispirò a commediografi greci come Menandro, Demofilo, Difilo e Filemone e scrisse palliate, commedie di ambientazione greca, in quanto era più facile farsi beffa dei greci con il pubblico formato da cittadini romani.
Il grande commediografo romano.
   TEMI E STRUTTURA DELLE SUE COMMEDIE.
Plauto fu un commediografo così prolifico e di successo, che almeno 130 commedie portano il suo nome. Nel I secolo a.C. Marco Terenzio Varrone decise di analizzare tutte le sue opere per verificarne l'autenticità, scoprendo che il commediografo romano ne aveva scritte solo 21. Ciò significa che numerosi autori avevano preferito firmare le proprie opere con il nome di Plauto, in quanto egli era così apprezzato dal pubblico romano che ogni sua commedia avrebbe avuto un enorme successo. 
Nelle sue commedie troviamo intrecci complicati e ripetitivi, in cui ricorrono personaggi e situazioni convenzionali. Si parla quasi sempre, infatti, di un adulescens innamorato di una fanciulla, ma questo amore è ostacolato o dalla famiglia del ragazzo o da anagonisti esterni come il soldato e/o il lenone. Dato che si tratta di una commedia, tuttavia, si può sperare in un lieto fine, con il ragazzo che grazie all'aiuto del servus callidus, del parassita o di altri personaggi, riuscirà a trionfare su gli antagonisti e a realizzare il proprio desiderio.
I PERSONAGGI. 
Nelle opere di Plauto i personaggi non avevano un carattere a "tutto tondo", ma erano tipicizzati. Ciò significa che erano caratterizzati da solo uno dei tanti aspetti della personalità umana, che li accompagnava durante l'intero corso dell'opera (es. il goloso, il fanfarone, l'avido etc). 

I personaggi più importanti nelle commedie di Plauto erano: l'adulescens innamorato di una donna, che poteva essere o una cortigiana o una fanciulla di umili origini, i possibili aiutanti e gli antagonisti.
Tra gli aiutanti trovavamo a volte un parassita, uomo pronto a fare di tutto pur di ottenere un pasto gratuito, un vecchio scapolo e il "servus callidus". Quest'ultimo era considerato il vero eroe comico perché, oltre a progettare centinaia di stratagemmi per fare in modo che il suo padroncino avesse la meglio sugli altri, era sicuro di sé, insolente e strafottente.
Quando si parla di antagonisti invece abbiamo generalmente il lenone, il soldato e il padre del ragazzo.  Erano, infatti, i rivali in amore dell'adulescens , perché volevano anche loro possedere la cortigiana o, nel caso del lenone, sfruttarla per ricavi finanziari. Erano anche coloro che diventavano oggetto di prese in giro, di beffe che colpivano soprattutto, tuttavia, gli antagonisti esterni alla famiglia, l'avido lenone ed il soldato vanitoso.  
In due opere di Plauto, inoltre, i "Menecmi" e l' "Anfitrione", non compare la figura dell'adulescens, ma si affronta un altro tema, la commedia del doppio, dove si confonde un personaggio con un altro, a causa della loro somiglianza fisica, dando origine a equivoci che generavano grandi risate da parte del pubblico.


LA BEFFA E LA COMMEDIA DEL DOPPIO.
                  TEcniche usate da plauto.
Plauto come era solito fare all'epoca, attuò per scrivere le sue opere la "contaminatio" prendendo come modello una commedia greca ma inserendoci personaggi e situazioni appartenenti ad altre opere. Egli, inoltre, scrisse delle palliate, ma per renderle più divertenti faceva numerosi riferimenti a Roma, con i personaggi che nominavano luoghi, istituzioni, figure e tradizioni tipicamente romane, pur trovandosi in Grecia.  Il commediografo, inoltre, non dava particolare importanza all'armonia e all'organicità delle opere che scriveva, a differenza di Terenzio, poiché si soffermava sulla comicità delle singole scene. Usava un linguaggio arcaico, ricco di giochi di parole, termini volgari, espressioni tipicamente romane, doppi sensi e, addirittura, se non trovava delle parole che esprimessero perfettamente la situazione, le inventava lui facendo combaciare termini tra loro. Un terzo delle sue commedie, inoltre, è dedicato alla musica: gran parte delle battute, infatti erano accompagnate da pezzi musicali, altre venivano, invece ,direttamente cantate, erano fatte anche delle coreografie e c'era un coro che cantava opere allegre in sottofondo.

       Il teatro come gioco.
A differenza di Terenzio, in Plauto non troviamo il desiderio di comunicare con le sue commedie un messaggio preciso, di tipo morale e/o politico. Egli non ha intenzione di mettere in discussione il mos maiorum, di fare il polemico e lo scopo delle sue commedie è quello di far rallegrare il pubblico, di farlo divertire. Ecco perché egli ottenne un così grande successo, in quanto riusciva a far ridere i romani di pancia, a rappresentare proprio ciò che volevano vedere. Nelle sue opere, inoltre, troviamo la rottura dell'illusione scenica, con i personaggi che invitavano al pubblico di intervenire sull'azione ed erano consapevoli di trovarsi all'interno di una rappresentazione teatrale.
di Paolina Floris
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